lunedì 28 febbraio 2011

F.S. says: Focus on elegance!

L'leganza costa fatica. Soprattutto perchè l'eleganza, per definizione, non vuole assolutamente strafare, fare a pugni nel gruppo per uscire gridando "guardatemi, sono qua".
L'Eleganza dice, se potesse parlare, "eccomi, sono io. punto."
La televisione non riesce proprio a essere elegante. Il must è colpire, esagerare, ampliare nei toni, nei colori, nelle parole. E se anche questo potrebbe essere un tocco di stile, non lo è, perchè si tratta di un copia e incolla di tutto un po', diretto a tutti e un po'.
Non valgono più i contesti oppure se è mattina o sera, elementi che l'Eleganza, tiene sempre a mente.
Seppelliti i sentimenti sguaiati, come dice the Director, ci si renderebbe conto che molti di noi si soffermerebbero volentieri su un canale, pieno di style, di rigore e di....eleganza.
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Aleph

F.S. says: the today must...is freedom!

Sulle passerelle si respira aria di libertà!
Senza un preciso dress-code, si possono scegliere i capi da indossare come più si vuole, unico mantra: se stessi, il prorpio umore, la propria audacia.
Una novità? Mah, chi lo sa. In fondo, chi ha sempre avuto stile o piuttosto senso dell'abbinamento, di ciò che conviene o non conviene affatto, ha sempre fatto di testa sua.
Che sia la rivincita degli impacciati? Di quelli che prendono due tre pezzi e li mettono insieme senza pensarc troppo? Poco male, quest'anno POSSONO senza dare all'occhio!

Aleph

sabato 26 febbraio 2011

F.S. says: "A good mix of music and fashion"

E' proprio vero che la moda e la musica vanno di paripasso, quasi le due facce della stessa medaglia.
Entrambe gridano al mondo qualcosa, definiscono i contorni e collocano chi vi aderisce in precisi lifestyles.
Osservavo sul sito ufficale di CASTRO קסטרו , noto made in Israel,  la presentazione spring summer dello scorso anno. Non a caso lo show si apre con un gruppo: chitarre, pianola, batteria e sintetizzatore.
"E' una sfilata oppure un concerto?"
La location era assolutamente ambigua!
Poi una cantante ha impugnato il microfono e su delle note un po' techno ha cominciato a cantare.
Ed ecco iniziare la sfilata. L'intento era quello di rendere fashion uno street style attraverso dettagli delicatissimi, il denim abbinato al camoscio con perline o ad un cotone freschissimo, dai colori ariosi. Lineare, essenziale. Con un carattere impertinente e sbarazzino, che senz'altro il sottofondo musicale contribuiva a dare.
La musica sembrava mutuata dalle proposte dello stilista e vice versa.
Due linguaggi assolutamente complementari che ripropongono dubbi come quello dell'uovo e la gallina: chi è viene per primo?

Aleph




venerdì 25 febbraio 2011

F.S. chiede: che cosa significa essere moderni?


"Poco fa''. Questo è il significato dell'avverbio che dà origine alla parola 'moderno'. Che poi sia passata ad indicare avanguardia, futuro, progresso, bhè questa è un'altra storia!
FS dà ragione all'arte. E' evidentemente corretto mantenere ben separati i concetti di modernità e contemporaneità. D'altra parte, linguisticamente parlando, è più corretto fare così. Contemporaneo fa' riferimento a qualcosa 'che vive nel medesimo tempo', e 'poco fa' è già passato. Nel momento in cui un abito lo si vede indossato in passarella: quella è contemporaneità! La moda E' contemporaneità. Più tardi, dopo le sfilate, quando ci si avvicina alla borsa o alla gonna vista 'poco fa' in passarella, allora si è passati alla modernità.
La moda è moderna nel senso che è traduttrice e interprete di sensazioni, ispirazioni fulminanti e brevissimi, che durano un attimo, un attimo fa'.
Ed ecco che improvvisamente quest'aggettivo non pare più abusato.


venerdì 18 febbraio 2011

Cosa pubblicizza veramente la pubblicità?

Il prodotto senza dubbi. Come ci dice anche Carla Sozzani.



Ma sotto sotto, in alcune pubblicità, quelle fatte bene davvero, s'intravede poesia.



Una pubblicità non esisterebbe senza prodotto, è questo a fornire l'ispirazione.

Dapprima si tratta di qualcosa di morto, sta fermo immobili, lì. Qualcuno lo vede, prova delle sensazioni. Un profumo ricorda colori. Una gonna sembra far percepire il vento. Un gioiello catapulta in un cielo stellato. Ecco che prende vita, piano piano. Questa, è pubblicità. Lei non può vivere senza il suo oggetto e l'oggetto prende vita solo con lei. Il loro è un legame inscindibile, l'oggetto è, nella pubblicità, opera d'arte che va' osservata a trecentosessanta gradi. Parla tutto, tutto ci trasmette emozioni, lo sguardo si perde sulla pagina del giornale e poi gira gira ancora fino a tornare di nuovo su di lui, il prodotto iniziale, in un circolo infinito.

Total Black....

Il total black, l'uso del nero, del suo significato all'interno della moda, mi hanno fatto pensare immediatamente ad Elisabetta da Baviera, chiamata Sisì ma celebrata dal cinema come Sissi.



Meno di un mese fa' ho visitato gli appartamenti imperiali a Vienna e il museo dedicato alla kaiserina. La morte si affezionò subito ad Elisabetta: lei, cultrice della bellezza, che curava il proprio corpo sino quasi a consumarlo, lei che amava impreziosirsi con stelle di diamanti o diademi di rubino.



Ad un certo punto dovette abbandonare tutto e rifugiarsi nel 'nero'. Tra gli innumerevoli oggetti personali della kaiserina, rimasi impressionata dai vestiti. Ma non da tutti, precisamente da uno: quello usato per il lutto (che portò a vita) dopo la morte dell'unico figlio maschio.



L'abito da lutto dell'imperatrice si trovava dentro una teca di vetro: nero, gonna lunga, strettissimo in vita (Sisì teneva alla propria silhouette in maniera ossessiva), rifinito di pizzo in ogni dettaglio. Accanto c'erano i gioielli da lutto dell'imperatrice. Neri anche loro.



"Che strano" pensai "gioielli da lutto", c'è qualcosa che stride: come può un gioiello, che adorna e rende bello per definizione, essere nero, cioè da lutto? Il lutto, il 'nero da lutto', non serve forse per 'minimizzare, non dare all'occhio, rendere meno bello'?



Che Elisabetta abbia colto le potenzialità o la glaciale bellezza dietro questo colore, mentre gli altri lo etichettavano ancora come segno di tristezza? A lei cosa importava: indossando quel vestito e quei gioielli rispettava senza dubbio, almeno formalmente, l'etichetta; per il resto, nolente o volente, partecipava alle grandi trasformazioni cui la moda andava in contro.